Le atrocità del carcere di Sednaya: testimonianze di sopravvissuti

Le esperienze strazianti dei detenuti liberati dal famigerato carcere siriano

Il carcere di Sednaya: un luogo di orrore

Il carcere di Sednaya, situato a pochi chilometri da Damasco, è tristemente noto per le sue atrocità. Le testimonianze di chi è riuscito a sopravvivere a questo inferno raccontano di torture, violenze e condizioni disumane. Mahmoud al Fayz, un ex detenuto, ha trascorso quattro anni in questo luogo, dove ha assistito a scene strazianti, come bambini picchiati e maltrattati. “Ci davano solo un pezzo di pane e acqua, e le malattie si diffondevano rapidamente tra i prigionieri”, racconta al Fayz, evidenziando la brutalità del regime siriano.

La ricerca dei desaparecidos

Il 8 dicembre, migliaia di siriani si sono radunati attorno al carcere di Sednaya, sperando di trovare notizie sui propri cari scomparsi. La protezione civile siriana, nota come i caschi bianchi, ha condotto operazioni di ricerca, utilizzando anche cani addestrati per rintracciare persone. Laith al Daghim, un altro ex detenuto, ha atteso per 24 ore fuori dalla prigione, sperando di avere notizie di suo padre, scomparso nel 2016. “La ricerca è stata lunga e dolorosa, ma ora sappiamo che non c’è più speranza”, afferma con tristezza.

Le condizioni disumane all’interno del carcere

Le condizioni di vita all’interno del carcere di Sednaya erano terribili. I detenuti venivano rinchiusi in celle sovraffollate, senza cibo né acqua sufficiente. Maan al Sayyadi, un altro sopravvissuto, racconta di come la morte fosse una presenza costante. “La cosa più difficile non era la fame o la tortura, ma vedere gli altri arrendersi alla morte”, spiega. Le celle erano buie e sporche, e i prigionieri venivano trattati come animali, privati della loro umanità e dei loro nomi, identificati solo da numeri.

Il destino dei bambini detenuti

Una delle cose più strazianti emerse dalle testimonianze è la presenza di bambini tra i detenuti. “C’erano bambini che non sapevano perché fossero lì e chiedevano: ‘Perché ci trattano così?’. Ho visto un bambino picchiato per aver chiesto un bicchiere d’acqua”, racconta Sayyadi, le cui parole risuonano come un grido di dolore. La sofferenza di questi piccoli innocenti è un triste riflesso della brutalità del regime siriano, che non risparmia nemmeno i più vulnerabili.

Il caso di Mazen al Hamada

Tra le vittime del regime c’è anche Mazen al Hamada, un attivista che, dopo essere stato liberato nel 2013, ha testimoniato in Europa sulle atrocità subite. Purtroppo, nel 2021, è scomparso dopo essere tornato in Siria, e il suo corpo è stato recentemente ritrovato. La sua storia è solo una delle tante che evidenziano il destino tragico di coloro che osano opporsi al regime. La sua morte segna la fine di un’altra vita spezzata dalla violenza e dall’oppressione.

Scritto da Redazione

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