Suor Anna Donelli e il suo coinvolgimento con la ‘ndrangheta

Un'inchiesta svela il legame tra una suora e la criminalità organizzata in Lombardia

Il caso di suor Anna Donelli

Suor Anna Donelli, una religiosa nota per la sua presenza in televisione, è stata recentemente arrestata agli arresti domiciliari per il suo presunto coinvolgimento in un’inchiesta di ‘ndrangheta. Secondo la Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Brescia, la suora era “a disposizione” della locale attiva nella provincia lombarda, fungendo da intermediaria tra i membri della cosca e i detenuti. Questo ruolo le consentiva di avere accesso alle strutture penitenziarie, approfittando della sua posizione di assistente spirituale.

Il ruolo di intermediaria

Le indagini hanno rivelato che suor Anna non si limitava a fornire supporto spirituale ai detenuti, ma avrebbe anche veicolato messaggi e direttive della cosca Tripodi. In alcune intercettazioni, i vertici della presunta associazione mafiosa parlano esplicitamente della “monaca” e del suo ruolo cruciale nel mantenere i contatti con i sodali in carcere. Un dialogo tra un detenuto e un membro della cosca ha confermato che la suora era considerata “uno dei nostri”, suggerendo una connessione profonda e consapevole con la criminalità organizzata.

Le prove dell’accusa

Il giudice per le indagini preliminari ha espresso forti dubbi sulla buona fede di suor Anna, ritenendo che fosse pienamente consapevole del potere e dell’influenza dei Tripodi. Un episodio significativo è emerso durante una conversazione con il capo della locale bresciana, in cui la suora rassicurava una nipote di un detenuto, promettendo che “ci avrebbero pensato i suoi amici”. Questo scambio ha ulteriormente incriminato la religiosa, suggerendo che fosse a conoscenza delle attività illecite della cosca.

Il contesto dell’inchiesta

L’inchiesta, avviata nel settembre 2020, ha messo in luce l’operatività della locale bresciana legata alla ‘ndrangheta di Sant’Eufemia d’Aspromonte. Le autorità hanno scoperto rapporti federativi con la cosca Alvaro, che esercita un forte controllo nella zona aspromontana, compresa tra i comuni di Sinopoli e Sant’Eufemia d’Aspromonte. Questo caso solleva interrogativi inquietanti sulla permeabilità delle istituzioni religiose e sociali rispetto alla criminalità organizzata, evidenziando la necessità di vigilanza e trasparenza.

Scritto da Redazione

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